venerdì 24 agosto 2012

Sera di fine estate

Per inciso, martedì sera Batman mi ha dato tutto quello che mi aspettavo mi desse.
Grazie Batman. Grazie Nolan.
Ma ne parlerò più diffusamente anche qui (che altrove nel web ne ho già scritto) prossimamente, spero già entro il weekend.

Ora volevo solo affacciarmi al blog, prima di uscire per passare una piacevole serata di fine estate.
Malinconica. Crepuscolare. Malferma. Con quel misto di sapore acre e dolce che solo le serate delle ultime settimane di agosto hanno. Un perpetuo funanbolismo tra felicità e ansia per il futuro che un tempo era rappresentato dalla ripresa dell'anno scolastico e accademico, e ora per la fine delle ferie e il ritorno al tristo tran-tran del lavoro.
L'arrivo della sagra dedicata al Santo Patrono di Casalpusterlengo ha sempre incarnato, per me, questi ambigui sentimenti, anche quando negli ultimi anni si è evitato di recarsi nel cuore nevralgico della fiera, con il luna park ad invadere la piazza.
Con le sue luci, la sua allegria e il msuo sfarzo, in realtà è simile al trucco che imbelletta una puttana che scapperà dopo averla pagata e prima che abbia reso il servigio richiesto.
Di tutto lo sfarzo, sia per chi lo vive che per chi no, non resterà nulla già da lunedì.
E lunedì tornerò al lavoro, con un forte senso di nostalgia per queste 2 settimane e mezzo decisamente belle nella loro semplicità.

Le sere di fine estate sono così. E il caldo spasmodico fa emergere anche pensieri strani, considerazioni nefaste che uno si trova a tradimento ad assorbire, a sentire per conto terzi, e fruire come se fosse una brutta serie televisive cancellata dopo la prima stagione. Ma che continuano a mandare in inesorabile replica anno dopo anno. Lo sconquasso emotivo è forte in divenire, poi, e questo complica gli equilibri fragili che uno pensa di avere.
No, non è bello essere funanbolo tra realtà e lealtà, tra follia e cacofonia della mente altrui.
Però anche questo fa parte del gioco, nelle sere di fine estate. Non mi tiro neanche indietro, ci rido anche sopra.
E dopo un bel respiro, sono pronto a godermi una sera di fine estate. Che, comunque sia, val sempre la pena di vivere :)

martedì 21 agosto 2012

Rises


Fra 4 ore sarò seduto in una sala cinematografica pronto a godermi l'anteprima nazionale di The Dark Knight Rises, il terzo e ultimo capitolo cinematografico firmato da Christopher Nolan dedicato a Batman.
Avendo amato moltissimo le prime due pellicole (Batman Begins e Il Cavaliere Oscuro) è inutile dire quando l'hype sia alle stelle per quanto mi riguarda: Nolan è riuscito nello stesso tempo a dare una connotazione perfetta alla leggenda di Batman e al realizzare film che per quanto abbiano un supereroe come protagonista è impossibile definire cinecomics come invece sono pellicole pur valide come Iron Man o The Avengers. Qui siamo da tutt'altra parte e con tutt'altro spirito, qui la classica idea di film "fumettoso" nel senso più semplicistico e colorato del termine lascia spazio a pellicole che attingono al gusto per il grande cinema, che vede tematiche importanti coniugate in un universo fantasioso benché plausibile.
Riflessioni sulla società attuale, sul bene e sul male e sui limiti (di possibilità e morali) dell'uomo si sono fusi in due film di alto profilo, che mi hanno conquistato e hanno alzato di molto l'asticella qualitativa per questo genere di produzioni.

Che aspettative ho dunque per questo Rises? Alte, altissime, e come sempre in questi casi il rischio di delusione è dietro l'angolo. Ma con Nolan e il suo Batman lo temo molto meno di quanto accaduto con prodotti analoghi in passato. Ho fiducia nella sfida che aspetta questo personaggio, uno dei migliori che il mondo del fumetto seriale ha partorito, e ho fiducia in un regista come Christopher Nolan che non solo con il franchise di Batman ma con tutti i film che ha realizzato e che ho avuto la fortuna di vedere, non ha mai sbagliato un colpo realizzando sempre grande cinema.
Mi reco alla proiezione traboccante di fiducia, dunque, aspettandomi un epico finale, che porti a compimento la parabola dei personaggi e dei temi che ho visto nei primi due capitoli. Mi aspetto che gli ottimi attori dei precedenti film continuino a impersonare così bene i propri personaggi, e attendo di avere ragione sulle speranze che ripongo in Tom Hardy e Anne Hathaway. Mi aspetto che Bane possa essere un personaggio interessante e il villain giusto per chiudere la trilogia (contro ogni previsione di mesi fa) mettendo in crisi Batman in modo credibile. Mi aspetto una trama complessa, intrigante, ricca di colpi di scena, in cui empatizzerò così tanto con il protagonista da soffrire con lui, da temere per Gotham come se fossero in gioco i destini di Casalpusterlengo, da rimanere in ansia costante per la conclusione della saga.
Mi aspetto di vedere quasi 3 ore di grande cinema di qualità con Batman come protagonista.

Domani saprò se ho ottenuto tutto questo.

Tren(alien)i #1

Esperimento!
Invece che scrivere sul blog solo dei cazzi miei, periodicamente provo a portare avanti anche questa piccola serie di raccontini surreali, che si svolgono su una carrozza di un treno qualunque con personaggi... particolari.
Oh, se poi mi scrivete che fanno cagare non li pubblico più, eh :P

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Il treno aveva appena ripreso la sua corsa dopo l'ultima fermata.
Luglio.
Amo questo mese. Amo come ci si squaglia sotto la lamiera infuocata del Regionale delle 18.30.
Ero ironico: detesto il caldo e detesto che su questi treni non ci sia l'aria condiz...
"Scusa, hai da accendere?", mi chiede uno interrompendo il filo dei miei pensieri.
No, non fumo, mi spiace, gli rispondo senza quasi guardarlo.
"No, no, non mi sono spiegato: volevo sapere se aveva un modo per accendere la mia stufetta portatile"
Ora lo osservo. Non ci credo. Il tipo è bardato con un giubbotto invernale, cuffia e guanti che manco un eschimese, ha perfino i paraorecchie di pelo e gli stivali imbottiti.
E quella cazzo di stufetta elettrica in mano, con tanto di presa per la corrente penzolante.
"Mi... mi spiace, ma su questo treno non ci sono prese elettriche, questi sono ancora convogli vecchi... ma, lei non ha caldo, mi scusi?" gli chiedo sentendomi l'ultimo degli stupidi.
"Uh... no, perché?"
A questo punto lascio perdere: è un pazzo, come in giro se ne incontrano troppi. Uno spostato, scommetto che se passasse il controllore ci sarebbe da ridere. Lo ignoro.
Ma lui non ignora me.
"Va bene, scherzavo: sto morendo di caldo"
Pa-a-a-zzooo. Lo assecondo.
E allora perché è vestito in quel modo?, chiedo.
"Be', per nascondere l'esplosivo di cui sono imbottito", e così dicendo si slaccia il giubbotto e mi mostra l'ordigno. Salto in piedi sul sedile, senza aver la capacità di dir niente.
"Su, non c'è bisogno di far così: è un bel congegno, dopotutto, lo osservi da vicino, è alta ingegneria..."
Aiuto aiuto aiuto aiuto aiuto aiuto aiuto
Sapevo di non dover guardare quello speciale sul terrorismo ieri sera in tv...

E lì mi sveglio. La mia mente, riportando a galla l'incredibile coincidenza, ha rotto la sospensione dell'incredulità data dal sogno. E pochi minuti prima della mia fermata. Ottimo. Ma che ansia! Lavoro troppo.
Mentre scendo incrocio lo sguardo di un tipo seduto a pochi sedili dal mio: è lo stesso uomo dell'incubo. Solo che questo è vestito in maniera adeguata alla stagione. Niente misteri, niente stranezze: avrò incrociato il suo sguardo prima di addormentarmi e il subconscio ha fatto il resto.
Il treno si ferma, scendo. Mi avvio verso l'uscita della stazione.
Quando sento il botto, sono già nel piazzale. Il rumore era attutito dalla distanza, ma il fumo, quello si vedeva fin da fuori la stazione, tanto si ergeva alto nel cielo, nero su azzurro.

lunedì 20 agosto 2012

La Piaga



Lessi questo romanzo pochi mesi fa, e scrissi questa recensione poco dopo aver concluso la lettura. Per chissà quale motivo, forse proponendomi di rileggerla e modificarne delle parti, rimase però immobile su un file nel mio pc senza che la pubblicassi da nessuna parte.
Rimedio ora, perché il libro val la pena di essere conosciuto e letto e perché non essendo un titolo ad “alta diffusione” né supportato da una grande casa editrice, è più che possibile che non sappiate nemmeno della sua esistenza.
Io stesso ho avuto la fortuna di leggerlo conoscendo personalmente l’autore, mio concittadino, grazie ad un amico comune, e lo dico subito per mettere bene le carte in tavola. Non specificandolo, qualcuno avrebbe potuto notare la medesima città di appartenenza e avrebbe potuto imputare a questo elemento il parere positivo che sto per formulare: voglio invece essere trasparente su questo punto, anche perché inizialmente ero piuttosto scettico su questa opera prima (perlomeno pubblicata) dell’autore (da qui in poi, Max). Primo per il genere narrativo affrontato, suo prediletto nelle letture, vale a dire l’horror. Io, che solitamente rifuggo tali atmosfere (anche se ultimamente in tal senso mi sto aprendo abbastanza), non ero molto convinto all’idea di leggere una storia di zombie scritta da un esordiente. Ma la curiosità di leggere tale opera c’era comunque, e così mi sono lanciato in una lettura che mi ha stupito a più livelli.

Tra i tantissimi autori, blasonati e con una lunga carriera alle spalle, che si sono dedicati all’horror, ci voleva per qualche strano tiro della sorte il primo romanzo di Max per farmi capire che horror non vuol dire solo spaventi, splatter e mostri, e che è riduttivo limitare agli elementi più stereotipati il senso di questo genere. Attraverso la storia del protagonista, Larry, che si trova suo malgrado a vivere in un mondo post-apocalittico in cui une disastrosa esplosione nucleare ha trasformato la stragrande maggioranza della popolazione mondiale in zombie, emergono svariate tematiche importanti a livello etico, ecologico e filosofico, trattate in maniera per niente banale e anzi stuzzicante.
La lotta per la sopravvivenza che Larry deve applicare ogni giorno non è fine a sé stessa, il trovare sul suo cammino altre persone che lo accompagnano non è solo un chance in più per andare avanti, il male che ha colpito il mondo non è un pretesto senza background.
L’assenza di rispetto verso la Natura da parte dell’uomo è una causa del terribile futuro immaginato da Max, l’egoismo e la malvagità dell’essere umano ne è un’altra. E questo porta il lettore a riflessioni importanti che danno spessore al libro.
Allo stesso modo il coraggio e la dedizione che i personaggi mettono nella loro missione, che ad un certo punto non si limita più alla personale sopravvivenza ma si spinge ad un disperato tentativo di poter migliorare le cose in un mondo che sembra non offrire nessun margine di speranza, sono degli elementi narrativi forti che toccano corde importanti dell’animo umano, quali i sentimenti di redenzione, di altruismo e di amore nel senso più generale possibile.

Il romanzo non è esente da difetti che, pur essendo comprensibili tenendo conto che si tratta del primo romanzo vero e proprio dell’autore, è giusto individuare: in alcuni punti la prosa non è molto fluida, e alcuni periodi non scorrono lisci come potrebbero. I dialoghi, che come l’atmosfera generale sono debitori di un certo immaginario narrativo, a volte peccano di poca credibilità, in alcuni casi giustificabile (un texano deve parlare secondo stereotipo!), in altri meno. Viene però usato un lessico molto vario, e questo è un punto a favore nella struttura del testo.
Passando dagli aspetti tecnici a quelli relativi alla storia, come detto sopra Max guarda molto alla varia mitologia horror e della narrativa distopica, subendo anche da autore l’influsso da cui il Max lettore è sempre stato intrigato. Questo si risolve in una trama che fonde molte suggestioni tipiche di questo tipo di racconti, ma è un difetto solo a metà: in un’opera prima è inevitabile, oserei dire giusto, scrivere di quello che meglio si conosce, e Max ha saputo mescolare vari ingredienti per creare un libro che ha una sua dignità e indipendenza, che pur ispirandosi a opere precedenti sa portare avanti con determinazione i messaggi che voleva dare con questa storia, senza mai perdere di vista i punti importanti.

E penso che alla resa dei conti sia proprio questo che mi ha convinto: Max sa quali sono le sue capacità, sa le influenze narrative di cui è debitore, e fonde queste due istanze in modo da far sue quelle atmosfere perché servano al suo scopo, al messaggio che il libro porta volente o nolente con sé e alla storia che voleva raccontare.
Ne esce un romanzo che sa nascondere abbastanza bene le sue incrinature dietro la forza della proprio voglia di comunicare attraverso la scrittura: questo fa sì che La Piaga sia un libro onesto, che mostra fin d’ora l’abilità di scrittore di Max, a cui auguro tutta la fortuna possibile.

La Piaga
Massimiliano Grecchi
Gruppo Albatros Il Filo (collana Nuove Voci)
2012, 241 pagine, brossurato
euro 14,90
ISBN: 9788856753387

Questo il blog di Max, per gli interessanti. Siatelo ;)

PS: a settembre è prevista l’uscita di un secondo libro dell’autore, medesimo genere ma stavolta una raccolta di racconti. Grande curiosità!

The boy is back in (blog)town

Mesi e mesi di assenza.
Che tristezza.
Vari e vari richiami da parte di amici reali e virtuali perché non aggiornavo più il mio blog.
Sigh.
Peraltro, è pure nuovo nuovo, essendomi spostato su blogspot da gennaio...

Ma d'altronde io rimango fedele al mio Bramo-pensiero: scrivere se si ha qualcosa da dire, o se si ha l'ispirazione per farlo.
Evidentemente, quindi, se da marzo ad oggi non ho postato quassù, il motivo era che per quanto di cose dentro ne sentissi anche tante, non riuscivo a trovare la chiave per metterle per iscritto.
Capita. Non si tratta nemmeno di blocco dello scrittore, è proprio una condizione dell'animo per cui quando ti metti davanti alla tastiera tutta quella meravigliosa complessità che avevi in testa fino a due minuti prima è scomparsa.

Vabbè.

Comunque sia, è estate, il caldo è tale che, pur avendo parecchio tempo libero per via delle ferie, mi toglie l'energia e la voglia di fare anche cose che amo fare (come scrivere in Rete per vari siti e forum, leggere libri e fumetti... ma queste cose le sapete già, se mi conoscete almeno un pochetto), però mi batto lo stesso per non sprecare il mio tempo.
E' un periodo strano, poi, a volte bello, a volte malinconico, a volte entrambe le sensazioni contemporaneamente. Per esempio, finalmente nell'ultima settimana c'è stato un filotto di serate in cui sono uscito con gli amici, e questo mi ha fatto riscoprire 1) che è una valida alternativa al passare la serata davanti al pc (mi immagino varie persone che mi faranno una testa così interpretando male questa frase, ma vabbè) e 2) che mi manca più di quanto avessi realizzato in un anno condividere le varie cose della vita con una ragazza. Per assurdo, in un periodo in cui tra amici, approfondimenti di amicizie, amicizie con idoli personali con cui ho avuto la fortuna inimmaginabile di coltivare belle amicizie e amici nerd, rapporti con colleghi al lavoro e un dosaggio interessante delle mie passioni, mi sento assolutamente soddisfatto e contento della mia vita e e di come è riempita di persone straordinarie.
Ma immagino che l'uomo non sia fatto per essere completamente felice. O, come dicevano gli Afterhours, "il tuo destino m usa, e rende ciò che amo quando lo raggiungo come qualsiasi altra cosa". La scorsa estate avrei dato molto perché tutte queste cose mi potessero ridare una stabilità emotiva e di felicità che avevo prima anche grazie a loro, e ora che c'è qualcosa dentro di me cerca altro.

Ad ogni modo, vorrei dimostrare di essere uscito dall'adolescenza lunga, e quindi vorrei mantenere un impegno più costante nei confronti di questo blog. Il fatto che l'abbia già detto e scritto numerose volte da quando possiedo un blog, be', spero non distrugga eccessivamente la credibilità di questo paragrafo conclusivo.
C'è ancora una settimana di ferie: vedrò di non passarla a fare la controfigura di una pozzanghera.