domenica 26 maggio 2013

Nuovi stimoli

Ci sono giornate che non sono come tutte le altre.
Giornate che lasciano il segno, giornate che aspetti da settimane, tanto che temi non abbiano in serbo per te quello che attendi e vuoi.
Sono giornate contornate da toni di azzurro pastello, su cui tu ricami mille ghirigori e in esse ci metti, in termini di investimento emotivo, praticamente tutto quello che conta di te stesso.
Ieri per me è stata una giornata di questo tipo.
Una giornata attesa e fortemente voluta nella sua struttura finalizzante, che alla fine ha preso la direzione migliore che poteva prendere.

Perché alla fine avevano ragione i Velvet. Non ne ho mai dubitato, ma quando la loro canzone migliore, Funzioni Primarie, si rivela nella mia vita in tutta la sua forza, me ne rendo conto particolarmente.
Quello che ci fa andare avanti sono gli stimoli, ma non sempre quelli che abbiamo già bastano. Magari ci sono effettivamente, e sono belli, validi. Non sono da rinnegare, perché aiutano tantissimo anche loro, e sono preziosi alleati nella quotidianità.
Ma capita che ad un certo punto nuovi stimoli arrivino a reclamare attenzione, a suggerirti che hai bisogno anche di loro, perché loro ti possono far del bene, perché è arrivato il loro momento, il momento di iniziare qualcosa di nuovo, bello e - appunto - stimolante.
Non sono per forza stimoli di cui è alla ricerca disperata: spesso sono stimoli a cui uno non pensa, ma poi si palesano all'improvviso e diventano una delle cose più importanti, una delle cose che ti spingono e tirano.
Ma sapete qual è la loro magia più grande? È quando fanno il giro completo su loro stessi e ribaltano la prospettiva: da spinte per restare a galla diventano spunto e occasione per essere positivi verso l'esterno. Capita allora che quel nuovo stimolo a vivere in modo pieno la propria vita non sia una cosa solo individuale, ma anzi necessiti di un collegamento esterno, con l'altro da sé, che è un tutt'uno con lo stimolo ed è causa e conseguenza al tempo stesso della maggior parte dei pensieri e delle azioni quotidiane.
Molla e contemporaneamente meta. In mezzo, ci sta tutto un percorso articolato che i più fortunati hanno la possibilità di percorrere e scoprire.
Pare che io in quest'occasione sia uno di quei fortunati, pare che abbia trovato un nuovo stimolo che rappresenta una rinnovata energia quanto l'obiettivo verso cui voglio far confluire questa energia positiva :)
È un buon momento per sorridere e far sorridere, dopotutto :)

lunedì 13 maggio 2013

Il caos strisciante

Ok, 10 punti a chi indovina la citazione nel titolo del post :P
A parte questo, è domenica sera "e sta per finire un altro weekend, se ne va coi gol in tele in weekend..." (d'accordo, la smetto)... ad ogni modo, pacco, anche perché quella che se ne va è stata una settimana molto buona. Non solo per acquisto e lettura di Zerocalcare, Casty e Paperinik AppGrade, non solo per episodi sempre di buon livello delle serie tv che seguo, non solo per aver concluso la rilettura del Grande Gatsby per il quale dovrò riuscire a vedere il film con chi so io... tutte cose belle effettivamente fatte, ma che non battono l'importanza di un weekend partito sotto i peggiori auspici ma che ha poi rivelato il suo potenziale.
Sì, perché al netto di un venerdì sera assolutamente improponibile, minato da una pioggia cupa e battente che era riflesso perfetto di quello che è stata la serata di per sé (umida, carica di sentimenti bagnati e strizzati e insopportabilmente insostenibile), successivamente c'è stata un'impennata e il resto è andato tutto bene. Ok, oggi avevo degli impegni da assolvere e poi era il tempo di alcune riflessioni, ma il cuore del fine settimana ha palpitato bene.
E il titolo? Be', diciamo che non esiste il giorno senza la notte. E quindi per raggiungere talune soddisfazioni occorre passare attraverso paure sciocche e domande varie, superate le quali arriva il momento di affrontare la prova e di farlo da solo, perché è giusto così. Poi la superi e ti senti un figo.
Per due motivi: perché hai dimostrato a te stesso che anche una cosa dove non eccelli, se ti applichi puoi riuscire a farla tua, in qualche modo. E perché sei perfettamente cosciente della causa che ti ha spinto ad affrontare la pugna. E allora ti vengono un po' i brividi, perché pensi che effettivamente non ci sono molte altre situazioni/persone/realtà che ti avrebbero fatto fare questo level-up personale. E quando succede, vuol dire che sei già ad un punto particolare del processo mentale ed emotivo, che è meglio fermarsi a guardare un attimo fintanto che mantieni la lucidità.
Anche perché poi, una volta raggiunto l'obiettivo per cui ti sei adoperato andando contro ogni futile (ma ben presente) dubbio, ti puoi anche accorgere che le cose procedono sulla stessa falsariga e forse speravi in qualcos'altro, in un segno diverso, in un'evoluzione che si accompagnasse alla tua personale. E allora capisci che ogni gioia, ogni risultato porta con sé piccole ombre, interessanti insegnamenti e pratiche zen.

Ieri un Bramo si è evoluto, tipo Pokemon. Ne sono soddisfatto, ne sono interessato, ne sono leggermente inquietato. Ma va bene così, direi, va benone così. Per quanto riguarda il resto, l'orizzonte non sarà sempre così lontano, e potrei sempre applicare l'atteggiamento di ieri anche in altre declinazioni per fornire delle coordinare alla mia bussola.

Insomma, il caos dentro di me c'è abbastanza, non del tutto e non per forza negativo, ma è un po' un tumulto. Però non è esplosivo, striscia tranquillo e con basso profilo, sottostando a piccole, personali e parziali vittorie, ma pronto ad annidarsi attorno ad esse e a strozzarle alla prima occasione.
Ma per ora non voglio pensarci: preferisco soffermarmi sulla notte, l'atmosfera, le risate e tutto quello che era ieri, qualunque cosa fosse.

sabato 27 aprile 2013

Le soddisfazioni

Sono gli anni '10, baby. Siamo nelle decadi in cui, dopo il cambio di millennio, tutto grida disillusione nelle orecchie di giovani e adulti.
Oppure è sempre stato così. Oppure sono io che nono ancora uscito dall'adolescenza lunga, Zerocalcare docet. Resta il fatto che la crisi economica, il restare coi piedi per terra e il quasi rassicurante, quanto meschino, bisogno di dividere la vita "vera" dalle passioni difficilmente permettono di avere sott'occhio situazioni e realtà che invece dimostrano l'esatto contrario.
In queste settimane è successo.
È successo qualcosa di importante, per quanto riguarda una piccola realtà del web che da più di 7 anni parla di fumetti, animazione, cinema, serie tv e libri con passione e una competenza decisamente alte, e di cui faccio orgogliosamente parte dal 2008. Sto parlando della Tana del Sollazzo.
E sto parlando, in particolare, di come due degli utenti più in vista del forum abbiano esordito addirittura su Topolino, il settimanale Disney a fumetti. Per un luogo di discussione che riconosce un ruolo di peso alla Disney nel campo dell'animazione e del fumetto, non esiste palcoscenico migliore perché due pezzi da novanta come Valerio Paccagnella e Vito Stabile, di cui mi fregio di essere amico e a cui va tutta la mia stima e la mia simpatia, potessero esordire in modo ufficiale tramite il loro lavoro.
Su Topolino n. 2994, uscito un paio di settimane fa, oltre alla bellissima storia firmata da due giganti come Francesco Artibani e Giorgio Cavazzano "Topolino e la scommessa del gatto" (che omaggio il Commissario Montalbano di Camilleri), troviamo infatti un articolo di quattro pagine firmato da Paccagnella che si occupa di spiegare i pregi di Paperman, cortometraggio animato di Walt Disney Animation Studios proiettato nei cinema prima di Ralph Spaccatutto lo scorso dicembre, e ora disponibile nel dvd e blu-ray del medesimo film. Il corto ha anche vinto l'Oscar, ed è particolare per la tecnica realizzata, che suggella un inedito matrimonio tra animazione tradizionale e CGI.
In un ambiente come quello di Topolino, in cui l'animazione non riesce ad avere molto spazio visto che i riflettori sono ovviamente puntati sul fumetto, un articolo come questo è importante per due motivi: parla in modo chiaro e completo, riuscendo a parlare a qualunque tipo di lettore, di animazione Disney chiarendo molte cose, e segna l'esordio cartaceo di un critico che sul web ha già dimostrato più volte, e da anni, le proprie qualità.

Questa settimana, invece, è uscito il n. 2996, che contiene tra le altre anche la storia "Paperino e il crollo di Zio Paperone", opera prima alla sceneggiatura di Vito Stabile.
Con i disegni di un veterano come Maurizio Amendola, la storia racconta del duro colpo che subisce Paperone dopo una scommessa piuttosto avventata fatta col nemico di sempre, Rockerduck. Al contrario di quanto ci si potrebbe aspettare da un fan del personaggio quale è Stabile, lo Zione non reagisce con le sue forze, ma al contrario si ripiega su se stesso: troppo grande è lo smacco di vedersi sbattuto in faccia il proprio fallimento dopo essere stato così pieno di sé e così convinto della propria superiorità. Lo scenario, oltre a mostrarci quindi un Paperone devastato e in una veste inusualmente vulnerabile, presta il fianco ad un Paperino attivo e generoso, che decide di intervenire come può e come sa per risolvere la situazione.
In questo modo Stabile costruisce una storia sui rapporti interpersonali e famigliari, sulle relazioni insomma, rendendo umani e credibili i personaggi della commedia disneyana, da sempre specchio di qualcosa di più che di semplici macchiette vuote. Al di là della bontà dell'obiettivo, la sceneggiatura non è esente da difetti, ma si tratta di ingenuità più che comprensibili nella storia d'esordio di un autore. Ma la concezione di fumetto Disney e dell'uso dei personaggi che se ne evidenzia fa ben sperare per il futuro.

Valerio e Vito sono la dimostrazione concreta di come la qualità, la tenacia, l'impegno e la pazienza siano ancora oggi la via giusta per arrivare a concretizzare i propri sogni e per upgradare le proprie passioni a qualcosa di più. Sono anche l'esempio lampante di come il web oggi sia uno strumento utile per farsi le ossa, avviare contatti e mettersi in mostra, creando quindi un canale inedito fino a 10 anni fa grazie al quale poter aver accesso a realtà importanti e foriere di soddisfazioni e di promesse future.

I miei complimenti vanno quindi a queste due persone, che devono essere orgogliose di se stesse, che devono essere consapevoli di quanto significhi questo passo per loro e per tutta una serie di persone, e che devono continuare a impegnarsi per dare seguito a quanto finora ottenuto.


venerdì 22 marzo 2013

Scrittore a chi?

C'è chi mi crede bravo a scrivere.
Poi c'è chi ha letto Il cuore di Krivona e mi crede un cialtrone. Giustamente.
Ma questa è un'altra storia.

Dicevo, c'è chi mi vede come il giovane scrittore intellettuale, che sa trovare le parole giuste per esprimere quello che vuole comunicare, sia esso una recensione, un parere, un racconto o uno stato d'animo.
Poi arrivano i giorni centrali di un marzo assai ambiguo, non solo climaticamente parlando, e mi ritrovo con in mano pochissime convinzioni, confusione, dispersività e una bussola il cui ago gira all'impazzata. E sono lì sul treno tornando a casa dal lavoro che penso che io, che alla fine mi sopravvaluto per certe cose, io che mi credo chissà quale abile manipolatore di parole, alla fine sono solo un povero stronzo che non sa nemmeno dare un nome a certi giorni, a certe sensazioni. Mi ritrovo lì a pensarci, neanche a pensarci, e vederle ballare davanti a me in modo convulso e ne sono così preso e disorientato da non avere la capacità di descriverle, di darle una connotazione, un modo per renderle intelleggibili a me e agli altri.
È assurdo, è frustrante, è ingiusto. Ingiusto perché in quel frastuono abbagliante ci sono anche scampoli di cose belle, promesse di positività, embrioni di felicità, ma così complessi e non privi di inquietudini post-adolescenziali che diventano concetti di difficile comprensione, e quindi anche di improbabile comunicazione.

Ho tanto dentro, in questi giorni. Dubbi, speranze, la consapevolezza di non sapere nemmeno cosa voglio davvero, la ragionevole certezza che l'unico momento in cui sarà veramente tutto chiaro sarà quando avrò davanti due bicchieri di qualcosa di alcoolico e stordente.
Eppure, non mi riesce di descrivere questa meraviglioso disastro dell'anima come seriamente meriterebbe.
Frustrante, come un marzo indeciso e una primavera in ritardo.

martedì 19 marzo 2013

Giorni di uggiosi pensieri felici

Perché ti ritrovi in metropolitana, sul treno, in ufficio, in camera tua... e ti accorgi che ti stai trascinando, che vivi tutti quei momenti per abitudine meccanica e nulla più. Non c'è spinta propulsiva, non ci sono nuovi stimoli... poi ti guardi indietro, anche solo di due giorni, e vedi che si è da poco concluso un ottimo weekend che è l'esatto opposto di quelle sensazioni oppressive di routine invincibile. L'ambito fieristico, i fumetti, la compagnia degli amici nerd, follie su follie che sono un toccasana.
Poi guardi in avanti, e vedi il prossimo sabato, carico di aspettative e di entusiasmo, l'immagine di un pomeriggio a cui tieni particolarmente unito ad una sensazione che non trovavi più da tempo, e che a volte avevi la sensazione che non fosse mai esistita, anche se era così forte ai tempi, così incisiva.
Ora non ha ancora avuto modo di raggiungere quelle vette, è normale, ma inizia già a montare quella magia, quell'intensa voglia di vivere e far vivere bene, quella volontà di cambiare le regole del gioco per renderlo migliore. E allora vivi quella sensazione assolutamente lacerante in cui trovi la consolazione ai giorni omologati grazie al pensiero di quella meta, e al contempo l'amarezza del doverti ritrovare a sfangare un altro giorno di vita morta in cui vorresti solo che si annichilisse tutto e che rimanesse solo quello che ritieni significativo.
Sabato.

mercoledì 20 febbraio 2013

The dream & the girl

Se vi dicono che, per una determinata categoria, tutti gli elementi sono uguali, non credeteci.
Non c'è niente che sia uguale ad un suo simile, su questa Terra. Nemmeno due copie dello stesso libro, che infatti possiedono un vissuto particolare a seconda di chi le ha lette, avute, collezionate ecc; nemmeno due gemelli siamesi, e come la scienza ci insegna nemmeno due fiocchi di neve.
Neanche i sogni sono tutti uguali. Non fermiamoci alla superficie dell'affermazione, però: è chiaro che se una notte sogno la spiaggia e la notte successiva la scuola i due sogni saranno diversi, così come sono diversi i sogni che ricordo da quelli che invece si perdono nel mio subconscio.
La differenza che voglio indicare io sta nel fatto che indipendentemente dal tema e dal contesto, ci sono sogni che colpiscono in maniera più forte la nostra mente, il nostro essere, tanto da essere ricordati al risveglio. Ma di più: tanto da entrare nella nostra anima e nel nostro cuore e rimanerci per giorni.
L'altra notte ho sognato di essere in un albergo, e nella piscina dell'albergo incontrava una ragazza: poco più bassa di me, molto carina, morettina dai capelli lunghi, bel fisico e dal musetto sbarazzino.
Mi piaceva molto, e lei non si mostrava indifferente.
Non solo: non è la prima volta che la incontro. Mesi fa, l'avevo già sognata in un contesto simile. L'avevo dimenticata dopo pochi giorni, ma al momento del "ritrovo" è tornata prepotentemente alla mia memoria.

Quindi.
Faccio sogni in continuity. Prima cosa da rilevare :P
Poi. Molti potranno obiettare che sì, ok, hai sognato una ragazza, capirai, quante volte succede a chiunque, quante volte sarà successo a te. Non lo nego. Ma lei è diversa, lei era fugace come un'ombra, sfuggente ma con la promessa del ritorno, carina ma con quella bellezza che si pone al mondo con purezza e armonia. Era una magia in costume da bagno, capelli scuri e gioia negli occhi. Era il panorama del sogno che si estendeva in tutto il perimetro che la mia mente disegnava mentre dormivo.
Questa ragazza era speciale, aveva un quid che travalicava il semplice prodotto di un sogno, è come il simbolo di qualcosa che vorrei assolutamente ritrovare, vorrei celebrare e tramite ella disegnare la mia vita. Mi ha lanciato dritto nello stomaco una sfera di sensazioni così positive e intense che non provavo più da tanto tempo, e che erano così concrete che me le sono portate nella realtà dopo essermi svegliato, e sono ancora con me.
E se la prossima volta riuscissi a portare via dal sogno anche la ragazza?


Ah, già. Avevo ancora una sorella, nel sogno. Io, che sono figlio unico! Ed era anche una gran bella fanciulla! :P Scherzi della genetica... ^^'

sabato 9 febbraio 2013

Comunicazione e sociologia in "Avanti un Altro!"


Avanti un Altro! è un quiz del preserale di Canale 5, e presta il fianco ad alcune interessanti riflessioni inerenti innanzitutto alla comunicazione, ma anche relative ad un più generale carattere sociologico.

Nato da un'idea di Paolo Bonolis, che del programma è conduttore, ha avuto il suo debutto a settembre del 2011, per poi trovare una seconda edizione un anno dopo, nel settembre del 2012, da dove popola la fascia oraria 18.50-20.00 tutt'ora, e fino all'inizio di marzo.

Cosa può avere di così interessante un quiz televisivo, format ormai abusato e stressato dopo decenni di sfruttamento di un tipo di fare televisione vecchio e fondamentalmente privo di reale interesse che non sia quello di un intrattenimento poco al passo coi tempi?
Semplice: Bonolis. Il geniale conduttore già in passato era stato in grado di rendere con la sua sola presenza un quiz dal ritmo ripetitivo e poco originale in qualcosa di divertente, spigliato, accattivante prendendoselo di fatto tutto sulle sue spalle. E' lo stile che Bonolis sfoggia, il modo di approcciarsi con pubblico e concorrenti che è rappresenta la carta vincente, il punto focale per cui un programma come Affari Tuoi (a cui facevo riferimento in queste ultime righe) era un esempio magistrale di come uno stile diverso dal solito era capace anche di pagare in successo e ascolti, andando a battere più volte Striscia la Notizia. Non è un caso se i successivi conduttore del game-show di Rai Uno non sono mai riusciti a bissare tali risultati, con l'eccezione significativa di Flavio Insinna che riuscì invece a portare la sua personale interpretazione del programma, dal taglio ironico e dall'impronta teatrale.

Con Avanti un Altro! il principio è lo stesso. In definitiva è tutta una questione di linguaggio, di capacità di scrittura applicata alla parola e alla gestualità. Il conduttore romano usa un codice linguistico che rompe le usuali regole del gioco, quelle cui di solito il pubblico televisivo italiano è abituato e assuefatto. In questo senso Avanti un Altro! è un programma cucito apposta addosso a Bonolis, che prende alcune caratteristiche di Ciao Darwin, ripesca alcune impressioni di Tira e Molla attualizzandole e mette il tutto in un calderone dove il surreale e il grottesco si sposano in un connubio di imprevedibilità e superamento dei limiti.
Tutto questo però si presa ad essere un'arma a doppio taglio, che mi fa dare un giudizio positivo per quanto riguarda la comunicazione e l'uso del mezzo televisivo, ma mi spinge a pormi delle domande sull'italiano medio. Cosa significa? Che da un lato abbiamo una trasmissione che esula dai normali confini del game-show dell'ora di cena - non è un caso se sempre più spesso Bonolis fa battute molto mirate al diretto competitor, L'Eredità di Carlo Conti, sottolineando come l'impostazione del programma di Rai Uno sia decisamente classica e quindi adatta ad un certo tipo di pubblico - , e il risultato tra battute, rottura della quarta parete, interazione con il pubblico che spesso viene deliberatamente sbeffeggiato, tutta l'ampia gamma di varia umanità costituita dal cosiddetto Minimondo è un puzzle che fa emergere un programma sopra le righe, spigliato, divertentissimo e che ha il coraggio di andare oltre le norme standard non esitando a diventare anche cattivo.
Dall'altro lato è inevitabile notare come in alcuni momenti, che con il procedere del tempo sono diventati sempre più frequenti, Bonolis sguazzi in maniera così agiata in questo pandemonio da lui creato che eccede in maniera quasi esasperata. I freni inibitori cadono senza remora alcuna, e il gioco del grottesco in cui sfotte senza tregua un signore anziano che deve leggere la domanda per il gioco a casa o in cui espone al pubblico ludibrio persone non certo dotate di forma fisica facendo loro compiere esercizi di ginnastica rende a volte il tono da commedia inquietante. Non è neanche più ironia o simpatica presa in giro, diventa uno sfottò che non conosce limiti, e che trova un ampio consenso nelle risate impietose del pubblico in studio.Poi le persone prese di mira possono essere anche consenzienti e del tutto disposte a farsi prendere per il culo da Bonolis, per predisposizione di carattere o pur di apparire in televisione (il che sarebbe triste), ma resta il fatto che quello che Bonolis in un certo senso legittima è uno stile di approccio alle persone e alla realtà che, se letto con la giusta consapevolezza, può essere un modo spontaneo e accattivante di comunicazione verbale e interazionale, ma che può anche assumere i contorni di uno stile di vita volto alla cattiveria gratuita e alla mancanza di pietas umana, aspetti che purtroppo sono fin troppo presenti nella società odierna e che di certo non hanno bisogno di essere stigmatizzati e mostrati in televisione come esempi di azioni divertenti e di atteggiamenti vincente.

Per l'immagine: (C) degli aventi diritto

TARM al Fillmore

Il Fillmore Club, locale di Cortemaggiore (PC) è una realtà bella e importante, non mi stancherò mai di dirlo.
Un posto raggiungibile in modo relativamente facile da dove abito, dove si tengono concerti. Ma non è solo questo: il punto è che le band che suonano sono alternativamente quelle più famose, cover o tribute band e infine gruppi indie, che è poi il motivo di attrazione che mi riguarda.
Non è poi così scontato, ma è bello e importante, che uno spazio tutto sommato non grande abbia un'attenzione particolare per progetti musicali come quelli del Teatro degli Orrori, dei Verdena, degli Zen Circus, dei Calibro 35... e dei Tre Allegri Ragazzi Morti, appunto.

Venerdì scorso i TARM hanno suonato al Fillmore, ed è stato bellissimo. Perché potrò preferire la versione punk-rock della prima parte della loro carriera rispetto alla svolta "etnica" che hanno intrapreso da circa 3 anni, potrò non conoscere tutte le canzoni che hanno fatto e potrò anche preferire altri gruppi italiani a loro, ma non posso negare che la loro performance live del 2 febbraio (peraltro, data zero del tour 2013) sia stata maiuscola: per energia, voglia di suonare tanto e bene e per il non volersi risparmiare mai, per niente. I ragazzi (morti) hanno condotto un concerto di 2 ore piene, con due uscite e due rientri, e già questo è più che lodevole, penso sia stato il concerto più lungo cui abbia assistito. (e sottolineo, il tutto per 10 euro, prezzo standard del Fillmore).
Anche la scaletta è pensata per bene: la partenza è dedicata per gran parte ai pezzi di punta del nuovo album, Nel Giardino dei Fantasmi (clicca per leggere la mia rece di un mesetto fa) e ad alcuni di quello precedente, che come stile sono piuttosto lontani da pezzi che "spaccano" come quelli degli esordi per concentrarsi maggiormente su melodie che ricordano paesi lontani, ritmi tribali e atmosfere di questo tipo. Il bello è che solitamente sono influenze musicali che non mi attraggono minimamente, potrei addirittura dire che un suono più smaccatamente pop a volte che piace di più. Ma superato il pregiudizio iniziale la band di Davide Toffolo dimostra che si possono fare cose suggestive anche con questo stile, probabilmente frutto di una maturazione dovuto a viaggi all'estero compiuti dal gruppo e a delle precise scelte. La musica che ne risulta è composta da suoni che non sono mai la semplice scopiazzature del ritmo di quei luoghi, ma una rielaborazione assolutamente peculiare che trova una sintesi tra quegli influssi e lo stile TARM.
Pian piano, comunque, nella scaletta emergono anche i pezzi più datati e celebri della band, che iniziano a scaldare il pubblico: allora si ritorna a pezzi del lavoro più recente, in un gioco di "avanti e indietro" affascinante e destabilizzante, che spinge ad amare e a farsi coinvolgere da un po' tutti i pezzi proposti.
Poche le frasi di Toffolo al pubblico nella lunga prima parte del concerto: il primo vero "monologo" avviene nella scenetta del "La vita è cattiva ma non l'ho deciso io" con cui finge di chiudere lo spettacolo salvo poi farsi ricoprire di "vaffanculo" dal pubblico per essere ridimensionato. Una catartica rappresentazione del cantante non-vip che porta alla seconda parte, dove aumenta la componente rock andando ad attingere ai primi album.
E poi un'altra uscita con rientro per sparare ancora un 5-6 canzoni, che mischiano vecchi brani ad alcuni più recenti, con La Tatuata Bella a chiudere il tutto.

Pubblico folto, un buon numero di presenti tra cui molti con la celebre maschera simbolo dei TARM. Certo, alcuni potrebbero pensare che la maschera stessa, e l'abbigliamento da Yeti che Toffolo sfoggia in questo nuovo tour siano orpelli che cercano di accalappiare il pubblico distraendolo dall'essenza di un concerto: la musica. Niente di più sbagliato, almeno stavolta. Toffolo è un artista a tutto tondo, visto che oltre che cantante è anche uno dei fumettisti viventi più importanti sulla scena italiana, e trovo logico che la sua idea di spettacolo sia qualcosa che unisca alla musica anche qualcosa che colpisca lo sguardo, qualcosa che dia di gomito all'estetica. Infatti il vestito e le maschere non sono fini a loro stessi, nonostante la maschera sia ormai diventata un oggetto di merchandising. Sono continuazioni di quello che i Tre Allegri Ragazzi Morti vogliono trasmettere con la loro musica, prolunghe che escono dalle note per arrivare alla copertina dell'album (disegnata da Toffolo, ovviamente) fino all'aspetto con cui suonano e ai vari "riti" che tengono sul palco.
E' tutto funzionale al "grande spetaculo de la vida y de la muerte", come direbbe Toffolo stesso, e io sono felicissimo di celebrarlo alla grande saltando e cantando a squarciagola per 2 ore in una notte d'inverno.


Per l'immagine: (C) degli aventi diritto. 

sabato 26 gennaio 2013

And the end comes too soon. Like dreaming of angels


In vita mia ho imparato ad amare tante, tantissime canzoni.
Per la melodia, le parole, i concetti, l'atmosfera che queste mi portavano e suggerivano.
Una volta che le scoprivo in qualche modo, le facevo mie, le coltivavo, le ascoltavano più volte e in vari momenti.
Ma a memoria, mai mi era capitato di incoccare per caso in un pezzo di un gruppo di cui non avevo mai sentito parlare, di ascoltarlo, di innamorarmene follemente e di riascoltarlo in loop per due ore in uno svogliato venerdì sera.
E' successo ieri sera, appunto, con "Angels", canzone che apre l'album "Coexist" del gruppo The xx. L'album è uscito nella seconda metà del 2012.
E' una canzone che nemmeno afferisce direttamente allo stile che attualmente (ma neanche in passato, a dirla tutta) ascolto e fruisco con interesse. Un pezzo che procede per sottrazione, dove gli strumenti sono pochi, essenziali, assolutamente non invadenti ma con la funzione di fare da tappeto di lusso per la voce della cantante, e per le bellissime parole.
Non credo di aver mai incontrato una canzone che mi facesse venire voglia di innamorarmi, che mi facesse desiderare di amare una ragazza in modo così intenso, dolce e passionale allo stesso tempo, una ragazza a cui dedicare questa canzone, sia letteralmente che nella vita di tutti i giorni.
La voce della cantante e l'atmosfera si fondono per incantare l'ascoltatore, per avvinghiarlo nelle spire della poesia e della malinconia, e per fargli desiderare con tutto se stesso di abbracciare la propria metà del cielo, o perlomeno desiderare di incontrarla al più presto per stupirsi di come respiri facendolo sembrare facile.

domenica 13 gennaio 2013

Il Libro dei Demoni



Di Massimiliano Grecchi avevo avuto già modo di parlare in occasione del suo primo libro, La Piaga.
Dopo alcuni mesi il mio amico Max ha avuto l'occasione di vedere pubblicato un altro suo lavoro, stavolta una raccolta di racconti e con un'altra casa editrice, la Società Editrice MonteCovello.
Ovviamente stiamo sempre parlando di realtà editoriali molto piccole, ma è abbastanza chiaro che al giorno d'oggi sono le uniche che possano offrire un minimo di visibilità e la pubblicazione cartacea ad autori emergenti. E di questo va reso loro atto. Anche nell'epoca in cui chiunque può farsi conoscere tramite internet, l'importanza che - nel nostro Paese e non solo - viene attribuita all'arrivare a pubblicare su carta rimane ancora vitale.

Una raccolta di racconti, dicevo. 6 piccole storie, di cui la prima è quella più lunga, precedute da una breve introduzione dell'autore stesso, dove a farla da padroni sono gli orrori. E ricordando il genere narrativo e l'atmosfera del primo romanzo, potrebbe anche risultare pleonastico sottolineare questo elemento. Ma in quest'occasione, in modo maggiore rispetto a [i]La Piaga[/i], Max riesce a mettere su carta quegli orrori del quotidiano, quelli che albergano in ognuno di noi, quelli che rappresentano il lato oscuro del nostro animo. In La Piaga gli zombie potevano anche rappresentare la stessa cosa, per certi versi, come conseguenza indiretta della direzione depravata presa dall'umanità, ma lì Max era maggiormente vincolato alla trama che tributava giustamente pagine ed emozioni alle atmosfere post-apocalittiche che la storia reclamava.
La struttura del racconto breve favorisce invece maggiormente un'esplorazione da incubo nei recessi più malati e inquietanti dell'essere umano, riuscendo a fornire un campionario assolutamente peculiare di varia umanità, dipingendone sensazioni e scelte di vita. Forse proprio per questo Il Dì di Festa risulta essere per quanto mi riguarda il racconto meno riuscito della raccolta, essendo il più articolato, il più simile come struttura e come temi a La Piaga, così che la parte critica affoga nella narrazione decisamente horror-fantasy.
Resta comunque una buona prova, per quanto inferiore agli altri racconti, che partono da situazioni piuttosto normali, per quanto a volte già borderline (un serial killer, un assassino, dei topi d'appartamento...) per poi svolgere la storia in uno strapiombo di terrore e buio, una voragine alla fine della quale ognuno può trovare una riflessione sul fatto che il Male può annidarsi in chiunque.
Paradossalmente il libro mantiene nei finali dei racconti quasi sempre una nota di speranza: i protagonisti, negativi e terribili, spesso ricevono una punizione durante la narrazione, e questo offre quasi un sollievo alle persone che rifiutano la parte malata di loro stessi per seguire la via del vivere civile. Una nota di speranza che non mi aspettavo di trovare in questo libro, che lo rende così in equilibrio tra tenebre e luce, tra dannazione e speranza. Un mix che lascia il lettore inquieto e disorientato, che è forse uno dei pregi maggiori dell'opera nel suo complesso.
Lo stile di scrittura trovo che si attesti su quello già buono mostrato nel primo romanzo, anche considerando che questi racconti sono stati scritti in periodi diversi, quindi probabilmente ci sono racconti scritti sia prima che dopo La Piaga. Non è sicuramente esente da pecche, come una a volte eccessiva ricercatezza nel linguaggio quando non sarebbe strettamente necessario, o come una certa ingessatura nei dialoghi tra i personaggi che non sempre riesce a riprodurre in maniere convincente il parlato delle persone reali. Ma sono difetti in fondo tipici di qualunque scrittore emergente, che diminuiranno con il crescere dell'esperienza di scrittura inserita nell'ottica della pubblicazione.

A chi ama il genere horror, a chi ama le atmosfere gotiche e a chi apprezza la possibilità di riflettere alla fine delle proprie letture, consiglio quindi questo secondo libro del mio amico Max.
Questa la sua pagina Facebook.
In questa sezione del suo blog trovate tutte le info necessarie per poter acquistare online Il Libro dei Demoni. Ad ogni modo, vi riporto anche qui sotto i dati tecnici del libro:

Il Libro dei Demoni
Massimiliano Grecchi
Società Editrice MonteCovello
140 pagine, brossura, formato A5 – 13 €
ISBN: 978-88-6733-022-5

sabato 12 gennaio 2013

Servizio... pubblico?

Al di là della presunta rilevanza politica che poteva avere la presenza di Silvio Berlusconi nel programma di Michele Santoro Servizio Pubblico, il motivo per cui giovedì sera sono rimasto davanti al televisore a vedere La7 invece che leggere, guardare serie tv o girare per i forum di internet era la possibilità di osservare una lezione di comunicazione, che fa sempre bene.
Osservare innanzitutto il modo in cui il conduttore ha impostato la trasmissione, la scaletta, le presunte "regole" che si è dato con l'ospite e l'atteggiamento con cui si è posto verso di esso è attività utile per capire un po' come viene studiato e preparato un evento mediatico come questo.
D'altro canto, anche vedere un maestro dell'intrattenimento, dell'affabulazione e dello spettacolo come il Berlusconi-showman non manca di dare numerosi elementi degni di riflessione su come può venire veicolato un messaggio.
Perché le maniere cortesi di Santoro, il solito sorrisone di Berlusconi, i monologhi di Travaglio e la perdita di calma dell'uno e dell'altro (non di Travaglio che mantiene sempre una calma serafica) mi hanno fatto capire perfettamente che l'intento del programma non era quello di rendere nudo il re, non era quello di scoperchiare chissà quale vaso di Pandora, e non era nemmeno quello dire qualcosa di nuovo.
Certo, tra un confronto televisivo del genere e precedenti incursioni del Cavaliere in televisione (citare Barbara D'Urso è come sparare sulla Croce Rossa) c'è un abisso, qui si sono comunque snocciolati dati e situazioni che di certo al leader del Centro Destra non hanno fatto piacere, ma se l'impressione verso mezzanotte era che Santoro e Travaglio potessero fare di più c'è qualcosa che non torna.
Bello vedere Santoro gridare in faccia a Berlusconi, da brividi la chiosa finale del secondo monologo di Travaglio, ma la sensazione finale era che fosse tutto a uso e consumo dello spettacolo. Che i due leader del programma credano o meno a tutto quello che professano, quello messo in mostra poco più di 24 ore fa sembra essere più che altro la voglia di fare share.
Attenzione, non ad arte: i momenti "improvvisati", quelli in cui la trasmissione sembrava più "vera" non sono mancati, ma l'impalcatura generale era quella dell'evento mediatico, appunto: non c'era vera rilevanza politica in quello che è stato detto, da ambo le parti, c'era la voglia di mettere faccia a faccia Berlusconi con due dei suoi maggiori avverasi non politici. Il pubblico che ha dato alla puntata gli ascolti che di solito raggiungono solo la finale dei Mondiali di calcio o del Festival di San Remo l'ha fatto perché voleva vedere il match, voleva divertirsi, voleva vedere le schermaglie tra i vecchi pugili, che hanno reagito esattamente a queste istanze, sia nella scaletta che nelle improvvisazioni.

E allora capisci che non c'è Santoro o La7 che tengano: la tv è tutta show, anche quando pretende di trattare  argomenti importanti, anche quando vorrebbe essere un servizio pubblico fin dal titolo.
Tutto è spettacolo, tutto è rappresentazione della realtà ma mai la realtà vera.
I due interpreti principali in scena giovedì sera lo sanno bene, e hanno reso servizio privato a loro stessi.

martedì 8 gennaio 2013

Nel giardino dei fantasmi

Io i Tre Allegri Ragazzi Morti li avevo sentiti dal vivo, conoscendo solo poche canzoni ascoltate per caso e distrattamente da You Tube, circa un anno e mezzo fa, in occasione della Festa del PD a Lodi dell'estate 2011.
E mi erano piaciuti, molto, pur presentandosi con uno stile musicale un po' differente da quello dei pezzi che conoscevo: non particolarmente rock o punk-rock, ma con suoni quasi più esotici, particolari, derivati dalla "svolta" del loro lavoro più recente, "Primitivi del Futuro", che nel suonare i vecchi cavalli di battaglia si fondeva comunque con un mood rockeggiante dal risultato decisamente interessante. Ricordo che saltai come se non ci fosse un domani in quel concerto, e mi divertii, e come mi riprometto sempre dopo un concerto di una band che non conosco, ero pronto a recuperarmi i lavori passati del gruppo. Poi, per varie ragioni, tra impegni e cose varie mi persi via e non approfondii mai i lavori dei TARM. Non ho nemmeno recuperato i fumetti di Davide Toffolo, frontman del gruppo e acclamato fumettista, per quanto ne fossi attratto.
Poi capita che poche settimane fa i Tre Allegri Ragazzi Morti pubblicano un nuovo disco, "Nel Giardino dei Fantasmi", e io senza pensarci troppo negli scorsi giorni me lo recupero e lo ascolto.
Paura.
In un colpo solo mi svesto della patina da "poser-rock" che apprezza i bei testi profondi e impegnati solo se accompagnati da una robusta batteria e dalla chitarra elettrica, e mi faccio condurre per mano da Toffolo in questo giardino inquietante, malinconico, riflessivo, che guarda benevolo e triste verso il passato e spaventato e arrabbiato verso il futuro. Un giardino in cui ogni traccia di parla di qualcuno, qualcosa, qualche sentimento... ogni pezzo dice qualcosa di importante e lo fa con uno stile assolutamente particolare, che fonde funky con raggae e venature rock che vanno a formare una musica molto originale e piacevole.

I fantasmi che i le canzoni (testi + musica) ti lasciano dentro difficilmente se ne vanno via, spesso restano appiccicati dentro fin dal primo ascolto e te li porti dietro nel subconscio tutta la notte, per poi alzarti al mattino e ritrovarti a canticchiarli in bagno.
Esorcizzare una perdita, una vita stroncata nell'adolescenza, storie di ordinaria crudeltà, suggestioni di dolce tristezza... queste e tante altre sono le sensazioni che il disco trasmette, una stoccata inaspettata che dimostra quanto la band abbia da dire sul piano umano e artistico, e che il plauso di pubblico e critica (perlomeno undeground) con cui è stato accolto questo nuovo lavoro sia pienamente meritato.
Chi conosce la mia passione per i Velvet sa che sono tra i maggiori sostenitori del fatto che il maggiore atto di coraggio di una band è quello di cambiare genere sull'onda del proprio sentire e sentore. I TARM l'hanno fatto, e da 2 dischi sono premiati per la loro onestà intellettuale e le loro limpide qualità artistiche e di cantastorie.

Piume al vento

"Piume al vento" sono le mie incursioni sul mio sventurato blog.
"Piume al vento" sono una metafora della volatilità del mio scrivere qua sopra.
"Piume al vento" sono una chiave di lettura di me, ora.

Non ho ancora capito perché ci sono delle volte che passano mesi di buio in cui non scrivo assolutamente nulla sul mio blogherello, lo abbandono, nonostante i "rimproveri" degli amici lo trascuro e poi... poi, all'improvviso, mi riprende la voglia e ritorno.
Fosse un rapporto sentimentale, sarei il peggiore degli stronzi.
Ad ogni modo... non lo è, insomma! :P Quindi che si tratti di pigrizia, menefreghismo, scarsità di tempo o altro, penso e temo che continuerò a fare così. E osservando le esperienze passate, è pure probabile che nel prossimo periodo scriva anche più o meno frequentemente. Potrei addirittura fingere che non sia morta nel dolore la rubrica dei Trenalieni :P (che poi, visto quel che ha combinato Trenord nelle 2 settimane prima di Natale, direi che devo impegnarmi molto per inventarmi qualcosa di peggiore...)

Anyway... voi che mi leggete siete tipi svegli, e vi sarete accorti che è cominciato l'anno nuovo già da una settimana! Gli indizi erano chiari quando avete stappato lo spumante con gli amici e gridato auguri :) Io penso di essermene reso pienamente conto, dell'ingresso nel 2013, solo verso il mezzogiorno del 1° gennaio, durante la nottata la mente non era abbastanza lucida.
Piuma al vento, appunto.
E piuma al vento temo sarà un po' tutto questo mese di gennaio. Già di suo il primo mese dell'anno ha dalla sua quella malinconia da fine e inizio insieme che lascia atterriti, confusi, sperduti. Nella mia situazione, poi, in cui mi ritrovo a dover cercare un nuovo lavoro e quindi ad essere "senza certezze", penso che sia il primo anno in cui gennaio assume dei contorni nebbiosi veramente marcati. La nebbia che vedo fuori dalla mia finestra sembra il riflesso della mia.
Non che le cose da fare mi manchino: ho così tanti libri e fumetti da leggere, film, serie tv e dvd da vedere, e cose da scrivere per i vari forum e siti che bazzico. Ho persone da vedere, cose da fare che tempo di annoiarmi non ne ho e se mi pagassero per tutto questo sarei a posto.
Ma non mi pagano per questo. E devo quindi cercare, inviare, sperare. E dopo la pausa natalizia da tale tran-tran, è il caso ora di rimettersi di buzzo buono a curare la questione.

Piume al vento, insomma. Piume al vento i consigli di amici che ne sanno più di me ma che non ascolto, piume al vento la possibilità di sfruttare questo tempo libero forzato per recuperare un po' di letture, visioni e progetti scritti... ma non riuscire a fare niente ordinatamente, perdendo tempo.

Piume al vento nelle nebbia, fatta di incertezze, svagatezza e nuvolette.