venerdì 22 marzo 2013

Scrittore a chi?

C'è chi mi crede bravo a scrivere.
Poi c'è chi ha letto Il cuore di Krivona e mi crede un cialtrone. Giustamente.
Ma questa è un'altra storia.

Dicevo, c'è chi mi vede come il giovane scrittore intellettuale, che sa trovare le parole giuste per esprimere quello che vuole comunicare, sia esso una recensione, un parere, un racconto o uno stato d'animo.
Poi arrivano i giorni centrali di un marzo assai ambiguo, non solo climaticamente parlando, e mi ritrovo con in mano pochissime convinzioni, confusione, dispersività e una bussola il cui ago gira all'impazzata. E sono lì sul treno tornando a casa dal lavoro che penso che io, che alla fine mi sopravvaluto per certe cose, io che mi credo chissà quale abile manipolatore di parole, alla fine sono solo un povero stronzo che non sa nemmeno dare un nome a certi giorni, a certe sensazioni. Mi ritrovo lì a pensarci, neanche a pensarci, e vederle ballare davanti a me in modo convulso e ne sono così preso e disorientato da non avere la capacità di descriverle, di darle una connotazione, un modo per renderle intelleggibili a me e agli altri.
È assurdo, è frustrante, è ingiusto. Ingiusto perché in quel frastuono abbagliante ci sono anche scampoli di cose belle, promesse di positività, embrioni di felicità, ma così complessi e non privi di inquietudini post-adolescenziali che diventano concetti di difficile comprensione, e quindi anche di improbabile comunicazione.

Ho tanto dentro, in questi giorni. Dubbi, speranze, la consapevolezza di non sapere nemmeno cosa voglio davvero, la ragionevole certezza che l'unico momento in cui sarà veramente tutto chiaro sarà quando avrò davanti due bicchieri di qualcosa di alcoolico e stordente.
Eppure, non mi riesce di descrivere questa meraviglioso disastro dell'anima come seriamente meriterebbe.
Frustrante, come un marzo indeciso e una primavera in ritardo.

martedì 19 marzo 2013

Giorni di uggiosi pensieri felici

Perché ti ritrovi in metropolitana, sul treno, in ufficio, in camera tua... e ti accorgi che ti stai trascinando, che vivi tutti quei momenti per abitudine meccanica e nulla più. Non c'è spinta propulsiva, non ci sono nuovi stimoli... poi ti guardi indietro, anche solo di due giorni, e vedi che si è da poco concluso un ottimo weekend che è l'esatto opposto di quelle sensazioni oppressive di routine invincibile. L'ambito fieristico, i fumetti, la compagnia degli amici nerd, follie su follie che sono un toccasana.
Poi guardi in avanti, e vedi il prossimo sabato, carico di aspettative e di entusiasmo, l'immagine di un pomeriggio a cui tieni particolarmente unito ad una sensazione che non trovavi più da tempo, e che a volte avevi la sensazione che non fosse mai esistita, anche se era così forte ai tempi, così incisiva.
Ora non ha ancora avuto modo di raggiungere quelle vette, è normale, ma inizia già a montare quella magia, quell'intensa voglia di vivere e far vivere bene, quella volontà di cambiare le regole del gioco per renderlo migliore. E allora vivi quella sensazione assolutamente lacerante in cui trovi la consolazione ai giorni omologati grazie al pensiero di quella meta, e al contempo l'amarezza del doverti ritrovare a sfangare un altro giorno di vita morta in cui vorresti solo che si annichilisse tutto e che rimanesse solo quello che ritieni significativo.
Sabato.